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"Per i numeri uno la sfida più dura è accettare l'addio"

Federica Pellegrini

Fonte: La Stampa

6 agosto 2021 | Alberto Mattioli

Valentino Rossi non ha stima di sé "nudo": senza una moto la sensazione è di non essere più nessuno

Non è un signor Rossi qualunque. E questo rende le scelte più difficili, sia da prendere che da gestire. Lo spiega Vittorino Andreoli, forse il più celebre psichiatra italiano: «Ma bisogna partire da due concetti essenziali».

Il primo.

«La stima di sé. L'abbiamo tutti ed è fondamentale. È quella che ci porta a fare progetti, a impegnarci e così via. Può esse­re molto alta o anche scarsa o perfino nulla, caso limite il depresso che di stima di sé ne ha così poca da non riuscire a fare nemmeno le cose più banali». Secondo concetto.

«La frustrazione. Tanto più una persona ha una vita grati­ficante, tanto più è difficile rinunciarvi. Non parlo solo di soddisfazioni economiche, ma anche di successo o di notorietà. Possiamo valutarla in euro o in follower, ma siamo sempre lì. Soprattutto nel caso di uno sportivo, interrompere l'attività provoca un crollo della stima di sé, e dunque frustrazione».

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Perché per lo sportivo è più grave?

«Prendiamo il caso di Valentino Rossi. Non ha stima di sé, diciamo così, "nudo", ma sempre sopra una motocicletta. Il significato della sua vita è stare su una moto, anzi probabilmente si trova più a suo agio che su una poltrona. A un certo punto, il cavallo su cui è issato, la sua moto, sparisce. Il risultato è il lutto di sé, la sensazione di non essere più nessuno, di non contare più niente. Il lutto di sé vuol dire morte, percezione della fine». Addirittura.

«Lo sport è basato sul corpo e il corpo si consuma. Valenti­no Rossi o Federica Pellegrini sono il loro corpo. Quando il corpo inevitabilmente li tradisce, per i grandi sportivi i casi sono due: o sono bravi a prepararsi a quel momento, o finiscono male. Non è una questione economica, perché di solito hanno guadagnato molto. Ma, appunto, di stima di sé. Paradossalmente i Nessuno, lo scriva con la maiuscola, per piacere, sono più fortunati».

Chi sono i Nessuno?

«Le persone comuni, quelle che non devono scendere da un podio perché sono sulla terra, vivono già nel quotidiano. Hanno una stima di sé comple­tamente diversa, quindi per­derla è meno drammatico. Tanto più che lo sportivo di og­gi ha spesso una mentalità da tutto o niente. Alle Olimpiadi ho visto atleti piangere perché avevano vinto l'argento. I Nessuno invece sanno che og­gi piove e domani c'è il sole». Se ritirarsi è un lutto, come si fa a elaborarlo?

«Serve un terzo concetto: l'immaginazione. L'immaginazione è la rappresentazione di una realtà futura. È Valentino Rossi che, mentre è ancora sulla moto, pensa a cosa sarà Valentino Rossi senza moto. Alcuni ci riescono, altri no: sono quelli che non mollano mai. Penso a Gigi Buffon: credo che non si ritiri perché non sa immaginarsi se non fra i pali. In Francia, da anni, i dipen­denti pubblici che vanno in pensione iniziano la psicotera­pia un anno prima di farlo». Insomma, non è solo un problema personale, ma sociale.

«Esatto. Anzi, direi di più: esistenziale. Immaginare la propria esistenza futura oggi è ancora più difficile, dato che siamo abituati a vivere nel presente, in un tempo reale che non contempla il futuro. Da qui la difficoltà di smettere, che beninteso non è solo degli sportivi. Riguarda tutti, anche i medici. O i giornalisti». Oggi poi la vita si è allungata. «Certo, ci sono degli ottanten­ni in ottima forma, ma non ab­bastanza per correre in moto. Per vincere il lutto bisogna im­maginare una vita diversa. E non è facile. Se io dico a un amico che sto diventando vec­chio, quasi sempre la risposta sarà: non pensarci. Sbagliato. Invece devi proprio pensarci. Anche in questo caso, beati i Nessuno, perché certamente ritirarsi spaventa più Valentino Rossi che l'operaio alla catena di montaggio».

Tutto giusto: lei però ha 81 anni ed è ancora qui a rilasciare interviste...

«Ho anche scritto un saggio, Una certa età, dedicato alla vecchiaia. La chiamo così, senza eufemismi: io sono un vecchio, non un anziano o nella terza età. Però la mia è la prima generazione di vecchi che, virus permettendo, ha ancora delle capacità fisiche. Allora, visto che non devo gareggiare in moto, credo che la vecchiaia sia una nuova dimensione della vita: perfino nell'amore».

Un consiglio per tutti e non solo per Valentino Rossi. «Anche se vivete nel presente, pensate al futuro».