L’amore secondo Andreoli: quando una vita migliore nasce unendo due fragilità
Fonte: messaggero veneto
28 giugno 2024 | Gian Paolo Polesini
L’amore secondo Andreoli: quando una vita migliore nasce unendo due fragilità
Il premio Hemingway allo psichiatra per il suo libro: «Dietro al “tu sei mia” omuncoli che non governano il rifiuto
Una lettera che Vittorino Andreoli ha scritto a tutti noi affinché non ci scordiamo di amare.
Appuntiamoci questo suggerimento. Il contemporaneo oscuro e scarso di slanci sentimentali puri implica un doloroso distacco dai principi a volte stracciati da una modernità insensibile e violenta. «Io non comprendo molto il presente — spiega il noto psichiatra — assisto a un degrado di certi atteggiamenti dell’umanità e la mia “Lettera sull’amore (a tutte le età)”, edita da Solferino, offre una scialuppa di salvataggio a chi si sta allontanando dalle pulsioni più sincere del cuore e, quel che è peggio, smette di viverle».
Il Premio Hemingway “Avventura del pensiero 2024” va a lui, divulgatore e archeologo della mente, uno scavo ininterrotto, il suo, di ben oltre mezzo secolo nei crateri inaccessibili dei comportamenti. L’incontro con il professore veronese è in programma sabato 29, alle 17, al Cinecity di Lignano Sabbiadoro, poco prima della serata finale dell’evento (19.45), sostenuto da pordenonelegge.
Da secoli poeti, scrittori e scienziati analizzano il più celebrato degli impulsi passionali: lo glorifica la musica, lo innalza il cantore. Ci illumini dottore.
«L’amore è un bisogno. E qui farei uno stacco. La parola bisogno fu usata da Darwin nel senso di tre imperativi: l’alimentazione, la difesa dei territori e la continuazione della specie. Ormai concetti superati, ahimè, e pure il terzo perché figlioli non se ne fanno più. Il bisogno necessario della nostra esistenza psichica è la certezza di avere al fianco qualcuno per sentirci meno soli e a cui poterci affidare. Serve, dunque, attivare la parola fiducia, che ha lo stesso fondamento di fede, e ritrovare la gioia della condivisione. Adesso mi concentro sulla frase a effetto, quella che tutti desiderano sentire, spero sia ben lontana dagli inni banali da Bacio Perugina: L’amore è l’unione di due fragilità. Semplicemente per poter campare un po’ meglio».
Quel che ci vuole per stabilire punti saldi dai quali decollare. Ma non c’è soltanto uomo-donna, seppur nelle sue più ampie configurazioni: l’amore è ben di più.
«Infatti non è legato unicamente alla sessualità. C’è quello dei vecchi per i nipoti e dei figli per i genitori, nonché decine di altre variabili possibili. Io cerco, con questo scritto breve, di far recuperare le sensazioni utili a ripartire. Il colpo di fulmine scatena l’avvicinamento, ma non basta. È necessario conoscerci, costruire assieme, saper aspettare. Ecco, una percezione, quest’ultima, in via di estinzione. Nessuno intende sprecare il tempo: tutto e subito. Sbagliato. L’attesa è meravigliosa, è immaginazione, è sogno e gioia. L’amore è il piacere di dare piacere, capisce? Da sessant’anni mi occupo di matti e non so se sono riuscito ad aiutarli tutti. Ma se ciò è accaduto a sostenermi è stata sempre la mia fragilità».
Scendiamo negli inferi, Andreoli, incontrando la peggior nemica dell’amore: la morte.
«Le donne di questi ultimi decenni hanno raggiunto un’importante consapevolezza di sé, imparando bene a gestire gli affetti al contrario di certi omuncoli ancora legati al concetto arcaico di “tu sei mia”. E sempre questi omuncoli qui non riescono a governare il rifiuto del rifiuto. Qui s’innesca il concetto di potere che non è affatto bisogno».
Invadiamo ora il buco nero della follia. È accaduto in città: un imprenditore giapponese è stato ucciso da un giovanotto di una gang. Che dire, professore? Oltre la grande rabbia?
«E giriamo sempre attorno all’identico problema: quando manca l’amore prende il sopravvento la dissennatezza. Uccidere è il più estremo dei comportamenti, che ha una percezione titanica: esprime l’autorità propria degli dei greci. E mai si pentono, nella gran parte dei casi. Gli assassini intendo. Penso a come fa uno stupratore a eccitarsi davanti a una donna che si dimena e urla. È la forza della violenza a dargli la carica erotica, il dominio. Ed è proprio questa supremazia che la società istiga».
Doverosa richiesta, infine: la sua relazione letteraria e umana con Ernest Hemingway?
«Mi occupo di vecchi e ne faccio parte. È necessario chiamarli così, vecchi. Qualcuno di loro dice: “Io sono longevo”. Pensiamo a “Il vecchio e il mare”, romanzo straordinario. Farebbe lo stesso effetto se si intitolasse “Il longevo e il mare”? Hemingway era un personaggio incredibile, un’eroe fragile, però, nulla a che vedere con Ulisse che se ne andò in giro abbandonando il padre e la moglie. Mi piace molto il vecchio Hemingway. Me lo immagino così: con la barba bianca e in perenne lotta per non morire».