Recensione di L’educazione impossibile di Vittorino Andreoli

Fonte: leggereacolori.com

Alice Stocco Donadello

Nel saggio L’Educazione (im)possibile, il professor Andreoli espone la storia e lo stato attuale dell’educazione, delle convenzioni e delle strutture ad essa collegate, evidenziandone punti di debolezza e di inadeguatezza con una tesi e delle osservazioni talvolta provocatorie, in grado di far riflettere in tutta onestà gli operatori del settore, e non solo.

La parabola dell’educazione trova origine nella famiglia della preistoria, al momento del passaggio dal nomadismo allo stile di vita stanziale, quando l’uomo prese coscienza di sé come genitore e creatore e si caricò della responsabilità di crescere i figli. Da quel momento, l’educazione si è sempre trovata strettamente legata alla visione della famiglia, al clima storico e al sistema politico o economico, restandone chiaramente influenzata.

Andando ben oltre il concetto comune di educazione, l’autore fa notare come in tale settore spesso intervengano anche le strutture e i protocolli sanitari, i quali si trovano al servizio di una collettività che teme di “essere disturbata” e deve trovare il modo di incasellare, se non ingabbiare, gli elementi che si discostano dalla convenzionalità. Nel far questo, Andreoli analizza con grande acutezza i termini e i metodi su cui si basa il concetto di normalità e di sanità, al di fuori dei quali si emarginano gli immaturi o i troppo maturi, i rivoluzionari, i trasgressivi, fino a giudicare assurda la definizione del “disturbo di personalità” e di stupidità. Mentre la malinconia e la depressione, che rendono difficile la vita soprattutto al singolo, passano quasi inosservate, le manifestazioni violente verso l’esterno vengono platealmente e vigorosamente represse; ma dal momento che i manicomi non esistono più, si ricorre oggi alle diagnosi e ai farmaci come strumenti per controllare tutti coloro che mettono in discussione l’autorità, o quell’insieme di leggi e regole della sfera statale, religiosa o formativa che riflettono inequivocabilmente le “leggi del padre”, di colui che tende a conservare l’esistente.

Mantenendo un approccio limpido e schietto, che per taluni risulterà certamente provocatorio, il noto psichiatra analizza anche le scuole, i collegi, le carceri e i sistemi su cui si fondano, portando alla luce le caratteristiche che li rendono palesemente “strumenti per mantenere al potere sistemi di governo idioti, ideologicamente assolutisti e dittatoriali”.

Ma il punto davvero importante, certamente frutto di osservazioni mature ed esperienziali, è l’analisi del contesto educativo del tempo presente: ci troviamo in una società senza famiglia, dove i termini di fratello e sorella sono “dissipati” e le famiglie allargate aprono la strada a una definizione di genitore diversa da quella di padre, in cui persino l’educazione alla bellezza e alla sessualità si trovano in difficoltà, tanto quanto quella alla cultura e all’uso corretto di Internet.

Approfondimento

L’educazione (im)possibile è scritto con una prosa specialistica ma scorrevole e piacevole, che si segue abbastanza facilmente se gli si dedica la giusta attenzione. La sintassi articolata, necessaria per esprimere a fondo il pensiero dell’esperto, non è affatto pesante e conduce il lettore su binari paralleli in vista della meta, arricchendolo di molteplici elementi con cui, vista la confessione dello stesso autore di aver fatto emergere i problemi senza avanzare troppe proposte di soluzione, dovrebbe sentirsi incoraggiato ad architettare delle soluzioni che escano dagli schemi coercitivi e opportunisti che sino a ora hanno controllato il potenziale umano.