Impossibile vivere senza amore: ce lo ricorda l’ultimo libro di Andreoli.
Fonte: ildomaniditalia.eu
18 settembre 2024 | Francesco Provinciali
Si tratta di uno stato emotivo che attraversa l’intera esistenza di ciascuno. L’amore, in effetti, è un legame che va oltre l’io del narcisismo e dell’egoismo e diventa “noi”.
Lo afferma in esordio come un assioma che poi non fatica a dimostrare, da profondo conoscitore dell’animo umano, dei suoi turbamenti e delle sue passioni: “Non si può vivere senza amore”. In un saggio articolato in dieci paragrafi, l’argomentazione del prof. Andreoli si sviluppa con lineare epistemologia, toccando tutti gli aspetti che riguardano le relazioni d’amore, visitando con disinvoltura e capacità di persuasione dell’immaginifico destinatario della sua “lettera”, tutti i meandri in cui prende corpo e si sviluppa questa particolarissima relazione sentimentale: dall’attrazione, all’immaginazione, all’esperienza. Partendo cioè da un moto istintivo che spinge all’incontro con l’altro, alla sua elaborazione razionale ed emotiva fino a giungere alla realizzazione di un rapporto duale, fatto di corporeità e di intesa spirituale, eros e pathos.
E, come sommessamente racchiuso tra parentesi nel sottotitolo, spiega assai bene che in modi e forme diverse si tratta di uno stato emotivo che attraversa l’intera esistenza di ciascuno. Affermare che non si può fare a meno di amare significa sottolineare che sta qui, in tutte quelle che l’autore definisce le “liturgie” dell’amore, il significato più autentico dell’esistenza. Conosco Andreoli per essere il professionista che fa dell’umana comprensione un metodo e un fine delle sue ricerche e dei suoi studi: un punto di partenza che attribuisce valore all’ascolto e un traguardo che spiega quanto la sua percezione sia importante come bisogno necessario a comunicare con autenticità e a vivere con pienezza e reciprocità di intenti.
Umana comprensione è ascolto, benevolenza, disponibilità a comprendere per capire e spiegare, terapia per curare distonie comportamentali, dovere sociale con un radicato fondamento etico, antidoto privilegiato alle varie forme di violenza che sembrano prender corpo con maggior frequenza e intensità in questa epoca caratterizzata dalle solitudini che non si incontrano e dagli agìti aggressivi che possono giungere fino alla distruzione e all’annientamento dell’altro. Andreoli dedica infatti un avvertito passaggio alla considerazione della violenza di genere e al triste fenomeno dei femminicidi. Essendo uno psichiatra che non pone solo domande ma non si esime dal restituire al lettore delle risposte, vuole entrare senza remore in questa specifica piaga sociale. La difficoltà di ricostruire un’unione che si va disgregando induce l’uomo a togliere la vita alla ’donna-fatta-oggetto’ e che lui riteneva fosse sua esclusiva proprietà: diventa allora per l’uomo un diritto far rispettare la propria dignità: “Uccidendoti rimani mia”.
“La nostra è una società della frustrazione, per la sua complessità e soprattutto per la fretta che la distingue: non c’è tempo di comprendere chi si incontra, domina il giudizio rapido, e il risultato è che persino le parole usate non vengono capite. La fretta è contraria alle belle maniere, alla gentilezza, e in questa corsa affannosa capita spesso di essere ignorati come nemmeno si esistesse”.
Ma la rabbia non ha nulla a che fare con il femminicidio. Nel femminicidio subentra sempre la premeditazione e il tema della violenza fisica e verbale introduce al gesto di impossessamento dell’altro, appropriandosi per sempre della sua vita. Questo aspetto è l’epilogo più deteriore di una relazione d’amore, la tragica conclusione di un rapporto condizionato dalla violenza fisica e verbale. Tuttavia questo doveroso passaggio non sminuisce il valore della relazione amorosa in tutte le sue liturgie, termine più volte usato da Andreoli quando definisce le facce del caleidoscopio di un rapporto che si basa fondamentalmente sulla fiducia come snodo di un legame che estende oltre la dimensione duale fino a contrapporla alla cultura del sospetto e della ricerca del nemico che condiziona il presente. In questo senso si può parlare di una dimensione privata e di una dimensione sociale dell’amore e del rapporto di coppia.
L’amore è un legame che va oltre l’io del narcisismo e dell’egoismo e diventa “noi”: si perde qualcosa in termini di identità personale ma si rinsalda il legame di coppia, poiché l’esistenza ha bisogno dell’amore. Un rapporto d’amore implica gradualità e attesa, oltre gli impulsi dell’eros e l’empirismo del presente che, applicati all’esistenza riducono la relazione ad una dimensione effimera e breve. La crescita esponenziale delle separazioni (più frequenti dei divorzi) spiega le crisi nel rapporto di coppia, così come l’alternanza compresente delle incomprensioni (Catullo: “Odi et amo”… et, non aut…).
Andreoli approfondisce argomentando sulla pluralità delle situazioni: le crisi non nascono per caso, ci sono conflitti, bipolarità, tradimenti veri e propri. Le cause del venir meno del legame sono in genere economiche, di status, di bipolarità emergente, di malattia, di vecchiaia. Per questo un legame d’amore che resta tale e si consolida non nasce per caso: si promuove, si costruisce e si mantiene. Oggi sembrano prevalere le situazioni di criticità e Andreoli insiste sul tema delle frustrazioni che “è di importanza fondamentale per la nostra esistenza oggi, per la quotidianità fatta di piccole cose, che assumono una dimensione esagerata nei nostri vissuti”.
Ci sono tre modi di esprimere frustrazione: quella legata alla percezione di se’, non di rado alla sessualità, quelle legate ad una dimensione psichica e infine quelle derivanti dai condizionamenti sociali, il senso del ‘non farcela’. Andreoli considera con attenzione, nella parte conclusiva del libro, altri due aspetti rilevanti in una relazione di coppia: la presenza dei figli come estensione del rapporto e del legame d’amore e i condizionamenti delle tecnologie che alimentano una dimensione esistenziale solipsistica e – paradossalmente – preclusa al dialogo autentico. Quanto al primo aspetto Andreoli distingue in modo chiaro i compiti della famiglia da quelli della scuola. Alla prima assegna il dovere del buon esempio e gli insegnamenti dei valori fondamentali per la vita. Riconoscendo alla scuola il compito della formazione culturale e dell’educazione alla vita sociale (mi piace qui ricordare la pedagogia di Emile Durkheim). L’autorevolezza degli insegnanti va rispettata – (tema attualissimo!) e nello stesso tempo la scuola non deve intromettersi nelle liturgie familiari. Insomma: tra famiglia e scuola ciascuna ha compiti e ruoli non delegabili e non intercambiabili. Quanto ai condizionamenti delle tecnologie nella nostra vita esse si riconducono al grande tema del passaggio dal virtuale al reale, causa di comportamenti distonici e fuorvianti. Perché…“In un periodo storico, in cui si è creata l’espressione di un «uomo aumentato», grazie a una tecnologia che ne amplia le capacità sensoriali, visive, acustiche, bisogna ricordare che la condizione in grado di aumentare davvero la potenzialità dell’uomo è l’amore”.