LETTERA Vi spiego Verona (e perché me ne sono andato)

Fonte: italians.corriere.it

7 novembre 2019 | Alessandro Buoni

Caro Beppe, essendo nato in provincia di Verona, vorrei sapere in quali termini i tuoi amici veronesi perbene hanno cominciato a rendersi conto che Verona è una città razzista. Hai parlato con un 'Fuffas' veronese? "Non so se si capisce che questo è un disegno di una diga contro la deriva razzista".

Vorrei fare loro un ripasso di storia cominciando col dire che "Il Manifesto di Verona" è l'atto fondante della Repubblica di Salò. Si, ma che colpa abbiamo noi, direbbero i bravi veronesi? Sempre Verona quando si parla di razzismo! Da noi c'è tanto volontariato!

Vi siete dimenticati le parole del concittadino Vittorino Andreoli sulla società veronese in occasione del delitto Maso? Disse che non era pazzo e che il suo comportamento era spiegabile in un contesto dove "ad un progresso materiale non è seguito uno culturale", e "il maiale conta più della moglie".

Cari veronesi per bene, se voi aveste messo lo stesso ardore nello spingere i vostri figli a celebrare il 25 Aprile che mettete nel mandarli a Messa, Verona a quest'ora sarebbe una piccola Amsterdam.

Ora è la città di Forza Nuova e dei buu razzisti dello stadio, coerentemente con la tradizione filo-repubblichina. In Veneto gli esempi non mancano, ma avete scelto di stare dall'altra parte.
A Marco Polo avete preferito il provincialismo, a Casanova il convegno della famiglia, a Palladio i capannoni e le case-capannone.

Attaccamento piccolo-borghese al denaro e alla famiglia, provincialismo e clericalismo. Io propongo per il prossimo Natale al posto della stella in piazza Bra, un'enorme coda di paglia, il vero problema dei veronesi perbene.

Io, andandomene dal Veneto, ho preso alla lettera le parole del poeta veronese Berto Barbarani: "una festa, seradi a l’ostaria, co un gran pugno batù sora la tola: “Porca Italia” i bastemia: “andremo via"! Ecco perché me ne sono andato.