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Premio Rubicone consegnato a Vittorino Andreoli

Premio Rubicone consegnato a Vittorino Andreoli

Fonte: ilrestodelcarlino.it

26 giugno 2022 | Ermanno Pasolini

Sul ponte romano sopra lo storico fiume Rubicone, a Savignano, il sindaco Filippo Giovannini e il vicesindaco Nicola Dellapasqua, hanno conferito il primo Premio Rubicone allo psichiatra e scrittore Vittorino Andreoli.

L’insigne professore, oltre che cittadino onorario di Savignano dal 2016, membro d’onore della Accademia dei Filopatridi, socio onorario del Rotary Club Valle del Rubicone, ha dialogato con Matteo Tosi presidente della cooperativa 49 a. C. che ha organizzato assieme alla cooperativa Koinè l’evento.

L’intervento di Andreoli è stato inframmezzato dall’accompagnamento musicale di Marcella Ghigi (violoncello) e Serena Galassi (violino) della Scuola comunale di musica "Secondo Casadei".
Ha dichiarato il sindaco Filippo Giovannini: "Il Premio Rubicone è un’onorificenza conferita annualmente dalla Città di Savignano sul Rubicone a una persona che nella sua esperienza di vita è riuscita a superare un confine in ambito sociale, culturale, economico, scientifico, artistico e sportivo. Il premio scelto a rappresentare questa linea di passaggio è il Clown a testa in giù, un’opera del grande maestro Ilario Fioravanti".

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Vittorino Andreoli ha parlato della sua professione e della situazione di oggi: "Sono molto commosso per questo premio, per avere incontrato ancora il sindaco Giovannini che considero il mio sindaco e poi Adele la vedova di Ilario.
L’ambiente contribuisce a strutturare il cervello. Quindi chiunque può essere creativo e anche chi ha delle patologie può essere curato. C’è un rapporto fra cultura e psichiatria che fa parte dell’antropologia, dello studio dell’uomo. E a proposito di creatività e cultura, voi avete avuto un grande uomo creativo: il mio amico compianto Ilario Fioravanti".
Poi scendendo nel particolare, a precisa domanda, il professore Vittorino Andreoli ha risposto: "La mia fragilità è stata uno dei miei punti di forza. E con questa fragilità da 60 anni curo i matti. Mezzo secolo fa, il matto era colui che era pericoloso a sè e agli altri ed era di pubblico scandalo, mentre lo psichiatra era un poveretto.
Oggi è cambiato tutto. Non c’è nessuno che vuole essere normale. Tutti vogliono avere l’originalità e la normalità è considerata uguale alla monotonia.
Dopo 60 anni il concetto di follia è totalmente cambiato. Bisogna tenere conto di diversi fattori. La cultura è cambiata, non ci sono più manicomi, ma case-famiglia, comunità terapeutiche. La follia non è più considerata alla maniera di qualcosa da nascondere in modo che sia da escludere. L’uomo, folle o non folle, è una grande fonte di cose positive. In questo momento in cui sembra che tutto sia in crisi, l’uomo ha una grande forza interna".