Skip to main content

Contro il giovanilismo dei vecchi Vittorino Andreoli propone il “bendessere”

Fonte: rovigo.news

5 febbraio 2023 | Ugo Mariano Brasioli

Teatro Ballarin di Lendinara (Rovigo) pieno per Polesine incontri con l’autore, applausi per Vittorino Andreoli che ha presentato il suo ultimo libro

LENDINARA (Rovigo) – Sabato 4 febbraio il teatro Ballarin era pieno di gente come se fosse in programma una pièce teatrale, anziché lo psichiatra scrittore Vittorino Andreoli a presentare il suo ultimo libro “Lettera da un vecchio (da parte di un vecchio)”, pubblicato da Solferino.

Al saluto di benvenuto da parte del sindaco Luigi Viaro, “…quasi stupito per la notevole affluenza”, è seguita la breve calorosa introduzione di Elena Fioravanti, che ha dato l’assistal professore ricordando che “…non ci sarebbe juventus se non ci fosse senectus”.

Da subito l’intervento di Andreoli ha assunto i contorni di una lezione sul dono della vecchiaia ritenuta un dono e un valore, soprattutto in funzione della trasmissione della memoria collettiva “…in una società che persegue l’organizzazione perfetta, ma è confusa e cerca riferimenti”.

In un precedente lavoro, l’82enne psichiatra aveva coniato il neologismo “bendessere”, per indicare una condizione esistenziale che consenta di vivere al meglio tutte le fasi dell’esistenza. Un concetto che ben si raccorda al contenuto del nuovo libro, in cui analizza la straordinarietà dell’ultimo capitolo della vita definito: “un privilegio” da vivere perché, come l’ultimo capitolo di un bel libro, è spesso anche il più interessante. Un messaggio dunque di grande vitalità rivolto, senza giri di parole, ai vecchi, evitando gli eufemismi come “longevo”, “terza età” ed altre locuzioni, utili solo per sviare da un argomento largamente incompreso.

Dice il professore: “La vecchiaia non è una malattia (anche quando si accompagna alla fragilità), ma è una possibilità da vivere per dare testimonianza e recuperare nella relazione il valore delle emozioni, dei sentimenti e dell’affettività, assumendo numerosi significati positivi. 

D’altra parte, la fragilità fa parte dell’esistenza su cui poggia il bisogno della relazione. “È la percezione nel nostro limite, troppo spesso soffocata dall’io mentre il vero pronome da usare dovrebbe essere il “noi”. Fin dalla nascita la vita sarebbe impossibile senza il calore e l’amore della relazione materna. Tutti comunque prima o poi avremo bisogno dell’altro. La fragilità non va quindi nascosta, ma rappresenta come l’antidoto al delirio di onnipotenza”.

Nessuna tecnologia o strumento digitale surroga la dimensione affettiva. Gli affetti però non s’insegnano, vanno vissuti. In questo senso la vecchiaia diventa paradossalmente “la nuova età”, tanto più oggi che le aspettative di vita sono enormemente cresciute. Vanno rivalutate le memorie di chi ha vissuto a lungo, “…sono le piccole storie sulla quali poggia il presente e si sviluppa il futuro”. 

E poiché i vecchi, anche se avvertono il tempo della propria fine hanno voglia di vivere, ripudiano la guerra sviluppando piuttosto desideri che non sono ‘denaro-dipendenti’. Liberati dagli obblighi lavorativi, dalle competizioni della carriera, sono disposti ad assumere ruoli sociali, mettendo in circolazione la vera ricchezza della specie umana: l’affettività. Un valore che aiuta a vivere meglio.  

È però necessario cambiare i paradigmi di valutazione delle persone e che la società si convinca di questo. 

Uno dei nemici della vecchiaia è il giovanilismoche diventa patologia. “È il vecchio che non accetta di essere tale, che indossa i jeans e che vuole fare credere di essere ancora sessualmente attivo, ma l’amore non è genitale e si può esprimere con l’affetto, un abbraccio, il tenersi la mano, un bacio”. 

Nell’elogio dei sentimenti e dell’affettività il filo conduttore è che la vita, in tutte le sue dimensioni biologica, psichica e sociale necessita di relazioni da costruire e alimentare sempre. Infine, “Se è vero com’è vero che i neuroni del cervello si moltiplicano nonostante l’età, l’idea della candela che lentamente si spegne è una sciocchezza. Sono invece la percezione della solitudine e dell’esclusione che favoriscono il decadimento delle nostre funzioni psicofisiche”.

Un caloroso applauso ha salutato la fine della lezione, prima del rito dell’autografo sul libro acquistato.